La cucina italiana vale il 19% della ristorazione mondiale. Fipe Confcommercio VdA: "Servono politiche strutturali per valorizzare questo patrimonio economico"
Non sono le cartoline o le mostre d'arte a muovere il turismo italiano, ma i ristoranti. Lo confermano i numeri di una ricerca Deloitte che fotografa la cucina italiana come un'industria da 251 miliardi di euro nel mondo, con la ristorazione nazionale che vale 83 miliardi di euro.
I dati evidenziano come i viaggiatori stranieri spendano 54,2 miliardi di euro in Italia e una quota crescente scelga la meta proprio per l'offerta enogastronomica, confermando una tendenza già consolidata prima della pandemia. Nel 2024, la cucina italiana ha registrato un valore di 251 miliardi di euro (in crescita del 4,5% su base annua), pari al 19% del valore della ristorazione mondiale organizzata, superando di gran lunga l'attrattività di cucine francese, spagnola, cinese o giapponese.
"Questi numeri dimostrano inequivocabilmente che la ristorazione non è un effetto collaterale del viaggio, ma lo orienta", commenta il Presidente di Fipe Confcommercio Valle d’Aosta Graziano Dominidiato "Parliamo di un comparto determinante per l'immagine del nostro Paese e del suo stile di vita invidiato in tutto il mondo, che tuttavia stenta ancora ad avere i giusti riconoscimenti a livello politico e istituzionale". Il visitatore arriva in Valle d'Aosta e rimane folgorato dalle nostre alte vette, dalla natura incontaminata, dai centri storici ricchi di fascino, ma tra i ricordi più indelebili che porta con sé ci sono i sapori autentici della nostra valle, quelli che si gustano nelle trattorie, nelle osterie e nei locali presenti in ogni località della nostra regione e che tengono vivi i borghi di paese"- concludeGraziano Dominidiato, Presidente FIPE Confcommercio Valle d'Aosta.
Le proposte per valorizzare il settore
Fipe identifica cinque aree prioritarie di intervento che Governo e istituzioni dovrebbero affrontare:
1. Formazione e lavoro: potenziamento delle scuole di gestione e alta formazione per sala e carta dei vini, con crediti d'imposta per chi certifica competenze oltre il semplice apprendistato di cucina.
2. Standard di qualità: creazione di un marchio che certifichi realmente lo stile italiano, collegato a incentivi e promozione estera, con una task force permanente contro l'Italian sounding.
3. Semplificazioni normative: sportelli unici con norme uniformi per tutti i soggetti che somministrano cibo, riordino del codice ATECO e revisione dei regolamenti comunali.
4. Transizione digitale: voucher per sistemi di prenotazione, pricing e integrazione con enti di gestione della destinazione turistica, con dati condivisi per misurare l'impatto sulla spesa turistica.
5. Accesso al credito: garanzie per investimenti green ed efficienza energetica, oltre che per l'upskilling del personale di sala e cucina.
"Il turismo in Valle d’Aosta continua a crescere perché la Valle d’Aosta della tavola lavora tutti i giorni", prosegue Dominidiato. "I dati lo dimostrano chiaramente: la ristorazione orienta i flussi turistici. Il compito della politica è semplice ma fondamentale: mettere a terra standard, formazione, semplificazioni e credito. Il resto lo faranno i ristoranti, come sempre, a porte aperte. Ecco perché sosteniamo con convinzione la candidatura della cucina italiana come patrimonio immateriale dell'umanità UNESCO. La Valle d'Aosta, con le sue tradizioni culinarie millenarie e i suoi piatti tipici tramandati di generazione in generazione, rappresenta un tassello fondamentale di quel mosaico gastronomico che rende unica l'Italia nel mondo. I nostri ristoratori – conclude il Presidente Fipe Confcommercio VdA non sono solo imprenditori, ma custodi di un patrimonio culturale che merita il massimo riconoscimento internazionale."
La ricerca infine dimostra come dietro la tavola ci sia il mondo dell'enogastronomia che, in uno scenario caratterizzato dai dazi americani, ha più che mai bisogno dei suoi ambasciatori più autentici: i ristoranti e i cuochi italiani nel mondo.









